venerdì 17 giugno 2011

INCHIESTA P4 · Parla il sindaco De Magistris: «Stesso contesto della P2. Allora Papa stava al ministero di Mastella» intervista di Adriana Pollice


Politica, massoneria, imprenditori, pezzi di Stato: gli ingredienti dell’indagine dei pm napoletani John Woodcock e Francesco Curcio sulla P4 sono gli stessi dell’inchiesta «Why not» condotta da Luigi de Magistris, allora magistrato in servizio a Catanzaro, attuale sindaco di Napoli. Il nome che lega i due filoni di indagini è quello di Luigi Bisignani, il più giovane iscritto alla P2 di Licio Gelli, condannato per la tangente Enimont negli anni 90, approdato poi al salotto buono della seconda Repubblica. Più potente di Gianni Letta, dicono a Roma, capace di influenzare le decisioni di colossi come l’Eni, Finmeccanica, Generali, fino a sponsorizzare Mauro Masi come dg Rai. C’è chi dice che sia dietro le fortune politiche di sottosegretaria come Daniela Santanchè. 

Amico di Italo Bocchino, di Clemente Mastella, di Angelo Balducci e Guido Bertolaso. Amico di tutti, con un ufficio addirittura a Palazzo Chigi, dove farebbe il consulente. Secondo i pm di Napoli sarebbe la mente di una associazione segreta in grado di infiltrarsi nelle procure e tra le forze dell’ordine per acquisire informazioni utili a fabbricare dossier, agevolare o stroncare carriere, controllare appalti. Stessa idea di De Magistris all’epoca di «Why not»: sarebbe stato lui uno dei referenti del sistema individuato in Calabria, la sua posizione archiviata quando l’inchiesta fu messa in mano ad altri. Nei documenti però si trovano tracce dei rapporti, ad esempio, conWalter Cretella Lombardo, potente generale della Guardia di finanza, e con Salvatore Cirafici, il dirigente Wind responsabile della gestione delle richieste di intercettazioni e tabulati inviate all’azienda telefonica dalle procure italiane

De Magistris, è sorpreso dall’inchiesta di Napoli?
Per capire chi è Bisignani dobbiamo tornare al 2007. A giugno inizio a indagare sull’intreccio tra appalti pubblici, la massoneria coperta («La Loggia di San Marino»), vertici dei servizi, l’allora numero due della Guardia di Finanza, esponenti politici e degli affari, come Antonio Saladino, un imprenditore referente della Compagnia delle Opere, e Finmeccanica. All’inizio di luglio iscrivo Bisignani nel registro degli indagati. La sua perquisizione stranamente va a vuoto, allora ebbi l’impressione che fosse stato avvisato, era volato a Londra. In compenso all’improvviso l’attività ispettiva del ministero della Giustizia, retto allora da Clemente Mastella, nei miei confronti ha un’accelerazione: arriva il capo degli ispettori Arcibaldo Miller, poi coinvolto nella P3, l’inchiesta «Why not» viene trasferita alla procura generale e io spedito al Csm. Comincia poi un’opera di delegittimazione contro di me e la procura di Salerno, che indaga sulmio caso. Facile immagine che dietro c’è la spinta fortissima di Bisignani. La democrazia italiana è inquinata dai poteri occulti e io ci ho rimesso la toga.

Dalla P2 alla P4, c’è continuità oppure si tratta di fenomeni differenti?
È lo stesso contesto fatto di organizzazioni segrete e colletti bianchi della criminalità organizzata, si infiltrano nelle procure, negli apparati dello stato, nelle imprese, nella politica per gestire la spesa pubblica e i fondi europei, costituiscono un governo occulto del paese in violazione della Legge Anselmi.
Anche gli uomini sono spesso gli stessi. Ancora nel 2007 nella perquisizione a Saladino, trovai un biglietto dove, in riferimento ad alcuni appalti ministeriali per l’informatizzazione, era scritto «rivolgersi ad Alfonso Papa», allora ai vertici del ministero retto da Mastella. Cioè allo stesso ex pm, diventato parlamentare Pdl, indagato per la P4, amico dell’ex Procuratore di Roma Achille Toro, indagato con Miller per la P3. Del resto Papa, quando era con me pubblico ministero a Napoli, si è sempre messo di traverso in tutte le battaglie che riguardavano la giustizia.

Certe scelte del governo trovano una ragione negli interessi di Berlusconi, e forse più ancora nella copertura di questa rete di potere?
Rimandare tutto al premier è un grave errore. La P4, come le altre, va molto oltre Berlusconi. Certo, il presidente del Consiglio è un riferimento per le strategie dei piduisti, è l’interprete ideale delle loro istanze, ma stiamo parlando di un sistema che non si ferma al centrodestra, intercetta anche il centrosinistra e tutti gli ambiti della vita pubblica. Se Bisignani ha un ufficio a Palazzo Chigi è perché è amico di molti politici di differenti colori. È questa capacità di penetrazione che spiega molte stranezze italiane. Viviamo in un’apparente legalità formale che spesso permette l’abuso del diritto, leggi incostituzionali, promozioni dirette e trasferimenti ingiusti di servitori dello stato. È un potere ricattatorio bipartisan.

da Il Manifesto - venerdì 17 giugno 2011 

Malati di mente, uccisi dalla giustizia


Ospedali psichiatrici Giudiziari. Sei in Italia. In base al Codice Rocco dipendono dal ministero di Grazia e Giustizia. 1.400 uomini e cento donne. Un disastro. La parola d'ordine è "fine pena mai". Un tempo si chiamavano maniconi criminali, ma per chi ha la disgrazia di varcare la soglia degli Opg tornare alla vita normale è un percorso ad ostacoli. Un esempio. Ieri la commissione d'inchiesta del Senato sul Sistema sanitario nazione, presieduta dal senatore Ignazio Marino, ha chiamato a raccolta i dirigenti dei 6 Opg, tre direttori dei Dipartimenti di Igiene Mentale, i magistrati che decidono la pericolosità sociale dei detenuti, le associazioni dei ricoverati.

In apertura il filmato shock, trenta minuti agghiaccianti sulle condizioni in cui vivono i malati senza speranza. Letti di contenzione, celle degne di paesi di Paesi lontani, malati che hanno perso la voglia di vivere. Emblematico l'intervento di Nunziante Rosania, direttrice dell'Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. "Sono anni che denunciamo le condizioni disastrose in cui lavoriamo. Nel giro di tre anni siamo passati da 160 ricoverati a 382, mentre si è ridotto il personale con 62 persone in meno tra medici e guardie carcerarie. I sei psichiatri esterni, in base al contratto di lavoro che prevede 40 ore a settimana, possono dedicare 10 minuti in sette giorni ad ogni pazienti. Gran parte dei pazienti arrivano da noi - conclude - come veri e propri relitti umani. Dimetterli è altrettanto difficile perchè le famiglie e le strutture sul territorio non sono in grado di gestire i pazienti". Cosa fare allora?

Giuseppe Dell'Acqua, allievo di Franco Basaglia, direttore del dipartimento di Igiene Mentale di Trieste non ha dubbi: "Vanno chiusi. Sono anacronistici. Sono 1.500 persone, se ogni Regione li prendesse in carico sarebbero 70 a testa. La pericolosità sociale è tutta da verificare. Se vengono abbandonati negli Opg non hanno speranze. Bastano due esempi. Un giovane ruba una bicicletta - racconta - viene arrestato, reagisce ai carabinieri. II magistrato di sorveglianza lo spedisce nell'Opg perchè socialmente pericoloso. Dopo un mese si suicida. Il secondo. Un trentenne ricoverato in una struttura di recupero psichiatrico dà fuoco ai mobili della sua stanza. Stessa sorte. È socialmente pericoloso. Va in un Opg. La fine è la stessa. Nessuno si è preoccupato di capire e di prevenire. Così non si va da nessuna parte".

La commissione ha presentato i risultati della situazione degli Opg, raccontando per la prima volta cosa è successo a 389 pazienti "dimissibili" tra il 1 marzo e il 31 maggio. In totale, 200 i pazienti prorogati: 85 per mancata presa in carico da parte dell'Asl, 20 per il rifiuto di lasciare la struttura e 52 trasferiti ad altri Opg. Sette i deceduti. Nel periodo di riferimento, quindi, sono stati dimessi soltanto 130 pazienti. "Ci proponiamo due obiettivi - ha dichiarato Ignazio Marino, presidente della Commissione - individuare un percorso condiviso con tutti gli operatori che porti alla chiusura di questi inferni dimenticati. Secondo, presentare il lavoro della commissione, che si articola su due punti: aver individuato tutti i pazienti non pericolosi e aver presentato la percentuale di quanti non sono stati accolti sul territorio, atto grave da parte delle Asl".

di Reggio Mario Il Fatto Quotidiano - 10 giugno 2011

mercoledì 15 giugno 2011

Cittadinanzattiva: “Tagli per 1,5 miliardi. Assistenza sanitaria a rischio”

L'associazione denuncia un'offerta di servizi ridotta al minimo e il non riconoscimento di malattie croniche che obbliga i malati a pagare i farmaci di tasca propria. "Nel 2013 alcune Regioni non saranno in grado di garantire i Livelli essenziali di assistenza (Lea), che tra l'altro aspettano da 10 anni una nuova definizione".


Diagnosi tardive, scarsa disponibilità di specialisti, farmaci essenziali non rimborsabili, aumento del costo dei ticket sanitari e tagli indiscriminati alle pensioni di invalidità. Nel nostro Paese il diritto alla salute e all’assistenza fa acqua da tutte le parti, secondo quanto denunciato da Cittadinanzattiva alla presentazione della I Conferenza nazionale delle organizzazioni civiche per la salute, che si è tenuta a Riva del Garda il 10 e 11 giugno scorsi.

I provvedimenti del governo negli ultimi due anni, secondo l’associazione, hanno ridotto al minimo l’offerta assistenziale sanitaria e sociale, scaricando i costi interamente sui cittadini. Solo per il 2011, il taglio delle risorse al Sistema sanitario nazionale (Ssn) ammonta a circa 1,5 miliardi di euro e investe anche la copertura dei ticket sanitari per prestazioni diagnostiche e specialistiche. Alla riduzione delle risorse si affianca anche un aumento dell’imposta fiscale per i cittadini e dei ticket sanitari per tutte quelle Regioni obbligate per legge a rispettare i piani di rientro.

Livelli essenziali di assistenza – In dubbio è poi la capacità delle Regioni, a partire dal 2013, di erogare i Lea (Livelli essenziali di assistenza), ovvero le prestazioni che il Ssn è tenuto a garantire a tutti i cittadini. I Lea già ora non sono garantiti uniformemente: solo otto Regioni (e tutte del centro Nord) li hanno erogati nel 2009, tre solo parzialmente, mentre le altre, Lazio compreso, non ne hanno garantito l’effettiva erogazione. A questo si aggiunge, nella denuncia di Cittadinanzattiva, che “da ben 10 anni non vengono approvati i nuovi Lea. Una cosa gravissima e inaccettabile”. I nuovi Lea erano stati predisposti dall’ex ministro della Salute, Livia Turco, ma non sono più stati approvati. Gli ultimi risalgono a quelli emanati da Rosy Bindi nel 2001, ormai scaduti.

“Un ritardo ancora più grave – dice Tonino Aceti, responsabile del coordinamento nazionale Associazioni malati cronici di Cittadinanzattiva – soprattutto in tempi in cui si vuole fare il federalismo fiscale, parlando di costi e fabbisogni standard. Categorie che non possono essere certo definite su Lea vecchi di 10 anni”. Secondo il responsabile Sanità del Pd, Paolo Fontanelli, “la legge 42 sul federalismo fiscale doveva individuare i Lea e conseguentemente stabilire i relativi fabbisogni. Però i decreti attuativi si stanno muovendo in altre direzioni, secondo precisi vincoli finanziari. In questo modo nel migliore dei casi avremo un congelamento, ma c’è il rischio reale di un pericoloso arretramento, senza una riqualificazione e un rinnovamento del Servizio sanitario nazionale”.

Malattie croniche non riconosciute e insoddisfazione per i medici di base – Dalla conferenza a Riva del Garda è emerso che il 44% delle associazioni dei malati non reputa soddisfacente la risposta fornita dall’Assistenza domiciliare integrata. Il 50% delle associazioni riscontra una diffusa difficoltà di accesso ai farmaci necessari, dovuta alla non rimborsabilità da parte del Ssn, alle ulteriori limitazioni imposte dalle Regioni a quanto previsto a livello nazionale, e alle difficoltà burocratiche per il rilascio del piano terapeutico. Altro problema è quello della mancata erogazione gratuita dei cosiddetti parafarmaci, come integratori, alimenti particolari o creme. Ad aggravare il quadro, secondo l’associazione, è il mancato riconoscimento di alcune patologie nell’elenco delle malattie croniche e invalidanti: “Mentre la politica parla – sottolinea Aceti – migliaia di malati con patologie croniche e rare non si vedono riconosciuta la propria malattia e devono pagarsi di tasca loro i farmaci”.

A rischio anche il diritto alla salute dei bambini che, al pari di tutti i cittadini, incontrano grandi problemi fin dall’inizio del loro percorso diagnostico terapeutico, al punto che l’88% delle associazioni dei malati denuncia la difficoltà di accedere tempestivamente alla diagnosi precoce. Il 94% dell’assistenza di base da parte del pediatra di libera scelta e del medico generale non soddisfano le esigenze dei cittadini. Quasi la totalità delle associazioni, il 90,6%, hanno riscontrato la scarsa conoscenza da parte di questi professionisti delle patologie e delle relative complicanze, in particolar modo se le malattie sono rare, con tutte le relative conseguenze in termini di accesso alla diagnosi. Il 75% segnala una mancanza integrazione delle cure del pediatra o medico di base con lo specialista o il centro di riferimento per la cura della patologia. Il percorso di cure diventa perciò particolarmente tortuoso. E anche costoso, visto che spesso il paziente si deve spostare fuori dalla propria Regione.

Tagli agli invalidi – Altro problema “cruciale” riscontrato dal 65% delle organizzazioni è infine la grave difficoltà di accesso ai benefici economici correlati al riconoscimento dell’invalidità civile, dell’accompagnamento e della legge 104/1992. “Con la scusa della lotta ai falsi invalidi – conclude Cittadinanzattiva – l’Inps sta di fatto procedendo al taglio indiscriminato delle pensioni di invalidità, delle indennità mensili di frequenza e delle indennità di accompagnamento, anche nei confronti di coloro che sono nel pieno diritto di goderne”.

di Valentina Arcovio – PianetaScienza

martedì 14 giugno 2011

Sallusti sospeso 2 mesi dall’ Ordine dei Giornalisti

Alessandro Sallusti
Il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, è stato sospeso per due mesi in seguito a una azione disciplinare avviata dall' Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

Il provvedimento è stato adottato perché Sallusti ha consentito la collaborazione per il quotidiano di Via Negri del senatore Renato Farina, radiato dell'Ordine nazionale dopo avere ammesso di aver collaborato con i Servizi segreti italiani, fornendo informazioni e pubblicando notizie in cambio di denaro, al tempo in cui era vicedirettore di Libero. (Messaggero)

Ragazzi, questi sono i massimi esponenti della stampa nazionale di destra …. capito perchè viviamo in una pseudo-democrazia?????

Ma chi è Renato Farina ? Per chi non conoscesse la storia, ripropongo di seguito la storia “giuridica” di Renato (Betulla) Farina: (da Wikipedia):

Renato (Betulla) Farina

Rapporti con il Sismi e radiazione dall'Ordine dei giornalisti

La magistratura a partire dal 2006 ha indagato sui rapporti da lui avuti con alcuni membri del Sismi (i servizi segreti militari). Farina ha confermato di aver collaborato col Sismi dal 1999.

Nel libro Alias agente Betulla Farina racconta la sua versione dei fatti riguardo alla collaborazione con i Servizi: nel giugno 2004, ricevette da Nicolò Pollari (l'allora direttore del Sismi), per il tramite di Pio Pompa, l'ordine di recuperare da Al Jazeera le immagini dell'esecuzione di Fabrizio Quattrocchi; è proprio in questa operazione che nasce il suo nome in codice, Betulla. Sostiene anche di avere con il suo operato fornito ai servizi segreti informazioni nelle mani dei pubblici ministeri sul rapimento della giornalista de il manifesto Giuliana Sgrena, tenuta prigioniera in Iraq dall'Organizzazione della Jihad islamica, fatto poi confermato da Pio Pompa.

Procedimenti giudiziari

Nel giugno del 2006 Pio Pompa chiede a Renato Farina, di scrivere una cronaca contro Romano Prodi (pubblicata poi il 9 giugno 2006), per accusarlo di avere appoggiato la pratica dei trasferimenti straordinari quando era presidente della Commissione Europea.

Il 2 ottobre 2006 l'Ordine dei giornalisti lombardo lo sospende per un anno con l'accusa di aver pubblicato notizie false in cambio di denaro dal Sismi. Sempre nell'ottobre 2006 la Procura ne chiede la radiazione dall'albo dei giornalisti: la legge numero 801 del 1977 fa infatti divieto ai giornalisti professionisti di intrattenere rapporti con i Servizi segreti. Il suo avvocato ha annunciato un ricorso che è stato respinto dalla Corte d'Appello di Milano. Nel novembre 2006 Farina viene messo sotto scorta delle forze di polizia in quanto oggetto di intimidazioni anonime. Riceve nello stesso mese anche un finto pacco-bomba firmato «Fronte Rivoluzionario per il Comunismo».

Alla vigilia delle elezioni politiche italiane del 2006, Renato Farina pubblica su Libero un falso dossier, preparato dal Sismi, secondo cui Romano Prodi avrebbe autorizzato, come Presidente della Commissione Europea, le extraordinary rendition della CIA in Europa, come nel caso di Abu Omar. Per tale dossier Farina sarà condannato a sei mesi di reclusione per favoreggiamento, e radiato dall'Ordine dei giornalisti.

La condanna per favoreggiamento per il caso Abu Omar

Nel dicembre 2006 il sostituto procuratore di Milano, Armando Spataro, chiede il rinvio a giudizio di Farina assieme ad altre 34 persone, nell'ambito dell'inchiesta sul rapimento dell'ex imam di Milano, Abu Omar. Trentadue di esse sono accusate di concorso nel sequestro. Renato Farina (accusato di aver organizzato una falsa intervista con i magistrati con il solo scopo di raccogliere informazioni sull'indagine) e i funzionari del Sismi, Pio Pompa e Luciano Seno, devono rispondere invece di favoreggiamento.

Il 16 febbraio 2007, si è dichiarato colpevole del reato di favoreggiamento nell'ambito dell'inchiesta sul rapimento dell'ex imam di Milano, Abu Omar, patteggiando la pena di sei mesi di reclusione (commutata in una multa di 6.800 euro).

Farina ha riconosciuto i fatti sostenendo di aver agito in nome dell'articolo 52 della Costituzione (Difendere la Patria è sacro dovere del cittadino). Ha ammesso di aver ricevuto denaro non come salario ma per rimborsi non per se stesso e utili alla liberazione di ostaggi italiani in Iraq.

Radiazione dall'Ordine dei Giornalisti

Farina è stato radiato dall'Ordine dei Giornalisti il 29 marzo 2007, dopo avere ammesso di aver collaborato, al tempo in cui era vicedirettore di Libero, con i Servizi segreti italiani fornendo informazioni e pubblicando notizie in cambio di denaro. La legge numero 801 del 1977 fa infatti divieto ai giornalisti professionisti di intrattenere rapporti con i Servizi Segreti. La richiesta era stata avanzata dal Procuratore generale della Repubblica di Milano.

A partire dal 30 marzo 2007, Farina continua a collaborare nelle vesti di opinionista per Libero. Il direttore del quotidiano, Vittorio Feltri, ha specificato che Farina avrebbe continuato a scrivere "per noi in base alla Costituzione che consente fino a ora la libera espressione del pensiero".

martedì 14 giugno 2011 - di Stop Censura

sabato 11 giugno 2011

Campania, Cosentino verso le dimissioni. “Non devo fare il coordinatore a vita”

L’ex sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi si sfoga durante la riunione del gruppo regionale azzurro convocata a Napoli. Al centro, le ragioni della disfatta e le tensioni interne esplose dopo la sconfitta di Lettieri in vista degli Stati generali del Pdl in programma a Ischia dal 24 al 26 giugno

La caccia al caprio espiatorio della catastrofica sconfitta del Pdl a Napoli sta per concludersi. Verrà sacrificato il nome più ovvio. Quello di Nicola Cosentino. “Non devo mica fare il coordinatore regionale a vita – ha commentato l’ex sottosegretario di Silvio Berlusconi – e se sarà utile non sarò di ostacolo al rinnovamento”. Parole pronunciate nel corso di una riunione del gruppo regionale azzurro convocata in piazza Bovio a Napoli, il quartier generale di un partito che si interroga sulle ragioni della disfatta e deve tenere a bada le tensioni interne esplose come una maionese impazzita.

Il summit ha affrontato le prime rogne post elezioni. Un documento in cui i consiglieri regionali, guidati dal timoniere degli ultimi giorni della campagna elettorale di Gianni Lettieri, Fulvio Martusciello, chiedono più spazio nella giunta Caldoro attraverso un rimescolamento ‘geografico’ dell’esecutivo tra le diverse province. E poi l’istanza di alcuni esponenti Pdl vicini al senatore di Afragola Vincenzo Nespoli che propongono un totale azzeramento della classe dirigente locale berlusconiana. ”Mi sembra di capire che ci sia voglia di rinnovamento nel partito – ha affermato Cosentino – ma anche nella capacità di migliorare i nostri governi. Penso, però, che il dibattito debba essere su come migliorare l’azione dei nostri governi rispetto alle attese dei cittadini”.

Quindi, spazio all’analisi, in qualche passo comprensibilmente auto-assolutoria: “Il Pdl ha vinto tutto, ha toppato solo al secondo turno delle elezioni a Napoli. Questa classe dirigente deve confrontarsi sulla situazione, ma i cittadini napoletani e campani hanno bisogno di governi che diano loro risposte”. ”Non possiamo sembrare uguali agli altri, abbiamo fatto una campagna elettorale con i rifiuti nelle strade e i cittadini ci hanno detto: ‘Destra e sinistra, siete uguali’. Non siamo stati capaci di spiegare – ha concluso l’ex sottosegretario – che la responsabilità era del Comune e non abbiamo dato ancora risposte ai bisogni e alle attese, se non lo facciamo difficilmente riusciremo a essere competitivi”.

Cosentino è pronto all’addio e forse l’ufficializzazione avverrà durante gli Stati generali del Pdl in Campania, in programma ad Ischia dal 24 al 26 giugno. Per la successione sono in corsa i senatori Gaetano Quagliariello e Carlo Sarro (autore delle proposte di legge per sospendere gli abbattimenti degli abusi in Campania), la giovanissima deputata sannita Nunzia De Girolamo, il parlamentare del nolano Paolo Russo. Deciderà come sempre Berlusconi, attraverso il neo segretario politico Angelino Alfano. Perché di primarie, almeno per il momento, non se ne parla. O se ne parla solo per stroncarle. Come ha fatto il governatore campano Stefano Caldoro in un’intervista al Corriere della Sera: “Le primarie possono lasciare spazio alla scalata dei poteri illegali”. Il che, detto all’interno di un partito il cui coordinatore regionale è imputato di camorra, sia pure con la presunzione di innocenza del caso, suona un pizzico beffardo.

di Vincenzo Iurillo - Il Fatto Quotidiano

domenica 5 giugno 2011

Fiancheggiatori di Provenzano liberi Alfano: "Accertamenti immediati"

Dopo la scarcerazione dei quattro favoreggiatori della latitanza del boss di Corleone, il ministro ha disposto controlli per verificare eventuali ritardi indebiti o irregolarità nel procedimento

PALERMO. Uno di loro organizzò un comitato di accoglienza per salutare il rientro di Binnu Provenzano a Villabate: il boss era reduce dall'operazione a una spalla e alla prostata, eseguita a Marsiglia nel 2003. Ma dopo essere stato arrestato e condannato poi alla fine di aprile scorso è stato lui a festeggiare, stappando una bottiglia di spumante per brindare alla ritrovata libertà. Gioacchino Badagliacca, accusato di essere un fiancheggiatore del capomafia di Corleone é stato scarcerato insieme ad altri tre presunti favoreggiatori del boss per scadenza dei termini di custodia cautelare in attesa della sentenza definitiva della Cassazione. E nel pomeriggio il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha disposto "immediati accertamenti al fine di verificare se la scarcerazione dei quattro fiancheggiatori della mafia sia conseguente a irregolarità o a indebiti ritardi nella trattazione del procedimento".

La decisione è stata presa dalla terza sezione della Corte d'appello di Palermo. Gli indagati sono tutti tornati a casa tra la fine di aprile e i primi di maggio, ma la notizia è stata pubblicata oggi dal Giornale di Sicilia.
I quattro scarcerati sono accusati di essere stati vicini a Provenzano. Vincenzo Paparopoli, ad esempio, mise a disposizione, secondo i giudici, la sua carta d'identità per procurare le schede telefoniche necessarie al "viaggio della speranza" per le cure del boss in Francia; un altro imputato accompagnò Provenzano a Marsiglia e durante la trasferta fece più di una puntata al casinò. Libero anche un presunto prestanome dei boss, Vincenzo Alfano. I quattro, arrestati cinque anni fa, erano ancora in cella dopo la condanna in appello il 2 luglio 2009.

A Gioacchino Badagliacca e Giampiero Pitarresi erano stati inflitti sette anni e mezzo ciascuno, a Vincenzo Paparopoli e Vincenzo Alfano sei anni e otto mesi a testa. Quasi due anni dopo la decisione di secondo grado, però, la sentenza definitiva della Cassazione non è ancora arrivata (l'udienza è prevista per la metà del mese). Nell'attesa i presunti fiancheggiatori di Provenzano dovranno presentarsi tre volte alla settimana in un posto di polizia. La norma giuridica sulla quale hanno fatto leva i legali degli imputati ruota attorno al tetto massimo della custodia cautelare che dopo un ricorso presentato dal difensore di Badagliacca era stato fissato in quattro anni e non più in sei. A questo vanno aggiunti 180 giorni per la sospensione dei termini per il deposito dei motivi della sentenza e sette mesi e 22 giorni per la sospensione di quelli di durata massima nel processo di appello. Conti alla mano si sono così riaperte le porte del carcere per i quattro imputati.

 sabato 4 giugno 2011 - Giornale di Sicilia.it

sabato 4 giugno 2011

Egitto: esplosione in centrale nucleare, perdita di acqua radioattiva

ROMA - Una perdita di acqua radioattiva sarebbe avvenuta nelle ultime ore nella piccola centrale nucleare di Anshas, in Egitto, dopo l'esplosione di una pompa del reattore. Lo ha rivelato una fonte dell'Autorità egiziana per l'energia atomica, coperta da anonimato, al giornale locale Rose el Youssef, che titola "L'Egitto si salva da un disastro nucleare".

La fonte ricorda che il primo reattore di ricerca di Anshas è stato rimesso in funzione di recente senza l'autorizzazione del Centro per la sicurezza nucleare e senza rispettare le norme di sicurezza dei reattori. La fonte ha spiegato al giornale che un'esplosione è avvenuta ieri nella pompa del reattore e ha provocato la perdita di dieci metri cubi di acqua radioattiva. In base ai criteri dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ha aggiunto la fonte, il "disastro" è classificabile al terzo livello. La centrale di Anshas si trova a nord del Cairo, nel Delta del Nilo.

Sabato 04 Giugno 2011 - 16:01  - da Il Mattino.it