venerdì 17 giugno 2011

INCHIESTA P4 · Parla il sindaco De Magistris: «Stesso contesto della P2. Allora Papa stava al ministero di Mastella» intervista di Adriana Pollice


Politica, massoneria, imprenditori, pezzi di Stato: gli ingredienti dell’indagine dei pm napoletani John Woodcock e Francesco Curcio sulla P4 sono gli stessi dell’inchiesta «Why not» condotta da Luigi de Magistris, allora magistrato in servizio a Catanzaro, attuale sindaco di Napoli. Il nome che lega i due filoni di indagini è quello di Luigi Bisignani, il più giovane iscritto alla P2 di Licio Gelli, condannato per la tangente Enimont negli anni 90, approdato poi al salotto buono della seconda Repubblica. Più potente di Gianni Letta, dicono a Roma, capace di influenzare le decisioni di colossi come l’Eni, Finmeccanica, Generali, fino a sponsorizzare Mauro Masi come dg Rai. C’è chi dice che sia dietro le fortune politiche di sottosegretaria come Daniela Santanchè. 

Amico di Italo Bocchino, di Clemente Mastella, di Angelo Balducci e Guido Bertolaso. Amico di tutti, con un ufficio addirittura a Palazzo Chigi, dove farebbe il consulente. Secondo i pm di Napoli sarebbe la mente di una associazione segreta in grado di infiltrarsi nelle procure e tra le forze dell’ordine per acquisire informazioni utili a fabbricare dossier, agevolare o stroncare carriere, controllare appalti. Stessa idea di De Magistris all’epoca di «Why not»: sarebbe stato lui uno dei referenti del sistema individuato in Calabria, la sua posizione archiviata quando l’inchiesta fu messa in mano ad altri. Nei documenti però si trovano tracce dei rapporti, ad esempio, conWalter Cretella Lombardo, potente generale della Guardia di finanza, e con Salvatore Cirafici, il dirigente Wind responsabile della gestione delle richieste di intercettazioni e tabulati inviate all’azienda telefonica dalle procure italiane

De Magistris, è sorpreso dall’inchiesta di Napoli?
Per capire chi è Bisignani dobbiamo tornare al 2007. A giugno inizio a indagare sull’intreccio tra appalti pubblici, la massoneria coperta («La Loggia di San Marino»), vertici dei servizi, l’allora numero due della Guardia di Finanza, esponenti politici e degli affari, come Antonio Saladino, un imprenditore referente della Compagnia delle Opere, e Finmeccanica. All’inizio di luglio iscrivo Bisignani nel registro degli indagati. La sua perquisizione stranamente va a vuoto, allora ebbi l’impressione che fosse stato avvisato, era volato a Londra. In compenso all’improvviso l’attività ispettiva del ministero della Giustizia, retto allora da Clemente Mastella, nei miei confronti ha un’accelerazione: arriva il capo degli ispettori Arcibaldo Miller, poi coinvolto nella P3, l’inchiesta «Why not» viene trasferita alla procura generale e io spedito al Csm. Comincia poi un’opera di delegittimazione contro di me e la procura di Salerno, che indaga sulmio caso. Facile immagine che dietro c’è la spinta fortissima di Bisignani. La democrazia italiana è inquinata dai poteri occulti e io ci ho rimesso la toga.

Dalla P2 alla P4, c’è continuità oppure si tratta di fenomeni differenti?
È lo stesso contesto fatto di organizzazioni segrete e colletti bianchi della criminalità organizzata, si infiltrano nelle procure, negli apparati dello stato, nelle imprese, nella politica per gestire la spesa pubblica e i fondi europei, costituiscono un governo occulto del paese in violazione della Legge Anselmi.
Anche gli uomini sono spesso gli stessi. Ancora nel 2007 nella perquisizione a Saladino, trovai un biglietto dove, in riferimento ad alcuni appalti ministeriali per l’informatizzazione, era scritto «rivolgersi ad Alfonso Papa», allora ai vertici del ministero retto da Mastella. Cioè allo stesso ex pm, diventato parlamentare Pdl, indagato per la P4, amico dell’ex Procuratore di Roma Achille Toro, indagato con Miller per la P3. Del resto Papa, quando era con me pubblico ministero a Napoli, si è sempre messo di traverso in tutte le battaglie che riguardavano la giustizia.

Certe scelte del governo trovano una ragione negli interessi di Berlusconi, e forse più ancora nella copertura di questa rete di potere?
Rimandare tutto al premier è un grave errore. La P4, come le altre, va molto oltre Berlusconi. Certo, il presidente del Consiglio è un riferimento per le strategie dei piduisti, è l’interprete ideale delle loro istanze, ma stiamo parlando di un sistema che non si ferma al centrodestra, intercetta anche il centrosinistra e tutti gli ambiti della vita pubblica. Se Bisignani ha un ufficio a Palazzo Chigi è perché è amico di molti politici di differenti colori. È questa capacità di penetrazione che spiega molte stranezze italiane. Viviamo in un’apparente legalità formale che spesso permette l’abuso del diritto, leggi incostituzionali, promozioni dirette e trasferimenti ingiusti di servitori dello stato. È un potere ricattatorio bipartisan.

da Il Manifesto - venerdì 17 giugno 2011 

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